CON IL MOTORINO VADO, MA SOPRATTUTTO, VENGO

Verona, 1992.
Cammino svelta perché correre mi sembra troppo, basterebbe poco per rompere il trotto e galoppare a casa.
In cartella ho tutto, persino il libro di religione, ho anche il camice da laboratorio da buttare in lavatrice, da sempre preferisco rompermi la schiena che organizzarmi, ma oggi, nonostante il peso, volo.
Questa volta non mi può dire di no, penso a ripetizione, praticamente è già cosa fatta, adesso entro in casa e le dico: – Sai mamma chi c’era sull’autobus? L’Alessandra Bertoni e sai che cosa mi ha detto?? Che i suoi per il compleanno le regalano il motorino.
Con questo asso porto a casa la mia briscola di libertà. Da un’Alessandra Bertoni motorizzata non si torna indietro.
Alessandra è la pietra di paragone su cui mia madre misura fallimenti e libertà.
È quella figlia perfetta che non si capisce perché cazzo non sia toccata a lei.
Alessandra canta forte in chiesa e prega piano a casa.
Alessandra prende nove nelle materie difficili, perché nelle altre riceve Buoni Santità direttamente dal preside del liceo.
Alessandra non chiede, manifesta… a differenza mia che invece desidero oggetti peccaminosi, tipo la borsa della NajOleari.
Alessandra si fa bastare lo spazio vitale di un porcellino d’india, non come me che ho quindici anni, voglio limonare duro tutto e mettere in bocca chiunque tanto per vedere come funziona.
Arrivo al cancello di ferro color mattone, servirebbero le chiavi ma ho scoperto un modo per sbloccare la serratura, appoggio il dito mignolo allo scrocco e spingo.
Fremo perché sono ad un passo dalla mia nuova vita: ai quaranta all’ora e vento tra i capelli. Entro. Desidero tanto, tantissimo il motorino. I miei amici sgasano in piazza tutti i pomeriggi e io sono stufa di farmi scarrozzare da Leonardo che ne approfitta per attaccarmi la pezza su quel bacio brutto che ci siamo scambiati nella tenda di Don Antonio al ritiro di Campo Silvano. Fu un banale brindisi di incisivi e qualche scomposta manata sulle tette, ma Leonardo ne parla e ne riparla, mentre io voglio soltanto un motorino tutto mio.
Nessuna femmina del gruppo ne possiede uno, nessuna tranne ora l’Alessandra Bertoni. È fatta. Mia madre non ha paraventi e si prenderà la mia voglia di crescere come una tempesta estiva, cioè tutta e senza ombrello.
Spalanco la porta della veranda e, prima ancora di entrare, inizio a gridare:
- Mammaaaa, lo sai chi ho incontrato sull’autobus??
Dopo due ore sono a cena gesticolando al meglio delle mie capacità di mediazione.
Ci metto tutto il corpo a convincere anche il capofamiglia, quello che mia madre interpella solo quando non ha più argomenti e vuole comunque vietarmi qualcosa.
Quando succede, mio padre mette la faccia di uno destinato alla ghigliottina, pur continuando a seguire con lo sguardo l’ultimo servizio del TG3.
Eliminato dal piatto il tema della libertà, delle femmine che non guidano e del malcostume in genere, mia madre butta sul tavolo un’ultima, potentissima carta:
- No gavemo i schei par comprarte el motorin – dice
Ingenua, questa madre, lei non sa che sono anni che mi preparo, perciò subito rispondo:
- El Nono Gigi l’ha dito che el me regala el suo perchè tanto non lo usa più.
Questa non se l’aspettavano, mi godo lo scacco matto e contemporaneamente mi riempio dell’amore del nonno che ha mantenuto segrete le nostre chiacchierate.
Due settimane e svariate manovre di boicottaggio dopo, sono a cavallo del mio Solaris.
Lo pulisco minuziosamente usando il lato giallo della spugnetta da piatti.
È tutto arrugginito, il suo colore primordiale non si vede quasi più, meglio così, il verde acido non mi è mai piaciuto.
Solaris parte solo alimentato da una miscela segreta e da una lunga rincorsa.
Ha il sedile largo con cuciture grosse, una di queste è giusto all’altezza “del mio fiore”, e con i pantaloncini di cotone anche il culo d’avanti sente ogni singolo punto. Ma chi se ne frega, è la velocità che voglio e soprattutto la distanza che potrò mettere tra casa e ovunque, meglio se senza Leonardo.
E così, in un tardo pomeriggio di Luglio, sotto lo sguardo deluso di mia madre e quello terrorizzato di mio padre pronto a seguirmi in bici, che do la prima sgasata.
L’accordo è circumnavigare la chiesa una volta e rientrare.
Sono impaurita, felice, mi tremano le mani e mi scoppia il cuore. Freno ogni cinque centimetri per i primi sessanta metri, voglio essere sicura di poterlo controllare.
Solaris è così vecchio che consuma tutte le sue energie nel vibrare tutto e tanto, la cosa mi massaggia anche il cervello.
Mentre sento di prendere velocità, rido senza controllo. Posso andare ovunque.
Renata, la mia vicina di casa sta stendendo il bucato, mi vede e grida: “VA PIAAAANN!!” Non rispondo, non posso muovere il collo, non posso gestire due stimoli, e poi sto guidando il mio motorino, cazzo, sono già quasi ai trenta all’ora.
Mio padre pedala e grida indicazioni che non riesco a sentire, ho quasi oltrepassato la canonica e sento di poter accelerare un pochino, giro la manopola, non ho la misura nelle mani, sgaso e, senza volerlo, semino mio padre.
Sono quasi a metà giro, non ci sono semafori. Sono nel vento, con i capelli che sembrano i tentacoli di un polipo sotto anfetamine. Sono piena, entusiasta, sento un calorino crescere, parte tra le gambe. All’inizio è un solletico ma, all’altezza del Bar “da Maria”, la sensazione si articola. Per fortuna posso frenare con le dita, perché le gambe si stanno lentamente pietrificando, non rallento.
Giro leggermente il manubrio a destra, comincia la curva di rientro e io sono più connessa alla vibrazione del sellino che al traffico. Non è il calore di luglio, non è la libertà, è proprio la vagina, quella che sento. Mi piace da impazzire. Continuo a sgasare perché più sgaso e più il calore cresce, sono quasi arrivata in tutti i sensi, intravedo mia madre sbracciarsi sul marciapiede, la ignoro, e proprio alla sua altezza mollo l’ultima accelerata entrando così nell’orgasmo più potente dei miei primi quindici anni. Vengo senza freni con il Solaris sulla Statale 11.
Quel giorno, di giri della chiesa ne ho fatti tre.
Godersela è una atto politico
Monica